L’edificazione dell’Abbazia camaldolese, sede della Biblioteca Classense, ha inizio nel 1512, quando i monaci sono costretti a trasferirsi dal monastero di Classe, saccheggiato durante la Battaglia di Ravenna, nei loro possedimenti in città. Per tre secoli l’Abbazia è stata oggetto di continui ampliamenti, divenendo nel corso dei secoli uno dei più grandi e maestosi monumenti dell’Ordine Camaldolese.

Al pianterreno: il chiostro d’ingresso, con la facciata barocca di Giuseppe Antonio Soratini (1682-1762); il vestibolo cinquecentesco che introduce nel grande refettorio, ora spazio conferenze dedicato alle letture dantesche, che presenta vetrate, arredi lignei e dipinti, tra i quali Le Nozze di Cana, di Luca Longhi (1507-1590), la chiesa di San Romualdo, edificata su progetto architettonico di Luca Danesi (1598-1672) e decorata con affreschi di Giovanni Battista Barbiani (1593-1650) e Cesare Pronti (1626-1708); la Sala Muratori, antica sacrestia e ora sala per conferenze, decorata da Cesare Pronti e ornata da dipinti, come La Resurrezione di Lazzaro, di Francesco Zaganelli (1465-1532); la Manica Lunga, anticamente adibita a cantine e stalle, che ora accoglie le sale espositive realizzate nel 1983 su progetto di Marco Dezzi Bardeschi e con il pavimento a mosaico ideato e realizzato da Maria Grazia Brunetti; il Chiostro Grande, edificato tra il 1611 e il 1620, con l’elegante pozzale disegnato nei primi anni del Settecento da Domenico Barbiani (1714-1777).

Al primo piano: la Sala Malkowski, spazio di studio inaugurato nel 2013 e le sale di consultazione restaurate nel 1983 su progetto di Dezzi Bardeschi; la Sala del Mosaico, con il grande pavimento musivo proveniente dall’area archeologica di Classe, cuore dell’Ala delle Arti, dedicata alla conservazione e alla consultazione dei volumi sulle arti visive e performative.

Al secondo piano: il Corridoio Grande, con gli affreschi secenteschi di Giovanni Battista Barbiani che raffigurano i santi Benedetto e Romualdo.

Salendo lo scalone monumentale: la Libreria, realizzata nei primi anni del Settecento per volontà dell’abate Pietro Canneti (1659-1730) su progetto di Soratini, ricca di statue, stucchi e di scansie lignee finemente intagliate e decorata con affreschi e dipinti di Francesco Mancini (1679-1758) e a seguire, sopraelevate, la Sala delle Scienze e quella delle Arti, progettata da Camillo Morigia (1744-1795), e la lunga serie delle stanze che ospitano le raccolte bibliografiche delle seconde soppressioni e le collezioni librarie private appartenute a Corrado Ricci e a Leo Olschki.

Comune di Ravenna
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