Archivio storico comunale Ravenna, Fondo di carte topografiche, Mappa 68, 1844, particolare

Cancelleria 822
Carteggio amministrativo, 1801, alla data del febbraio 28
Carteggio amministrativo Titolo XXV, 1812 aprile 29 Protocollo generale 858

Anche a seguito dell’editto di Saint-Cloud, promulgato da Napoleone nel 1804, e dell’entrata della Romagna nella Repubblica Cisalpina, a Ravenna si ripropose l’annoso problema dell’individuazione di un Campo Santo per la città.
Per Ravenna il problema si era già posto nel 1801 quando dal Municipio era partita una richiesta al delegato del Commissario di Governo presso la Comune di Ravenna e che possiamo leggere fra le bozze delle lettere inviate in data del 28 febbraio.
Così si scrisse a Conti: “fra le cure che interessano la nostra Rappresentanza evvi quella della salute de’ cittadini. Veggiamo col più vivo rammarico che la moltiplicità de Cadaveri di cui è ricolmo questo Cimitero dell’Ospitale spandendo esalazioni fetide va a pregiudicare la salubrità dell’aria ed è nociva almeno alli vicini abitanti. […] su tale oggeto in riflessione le istanze reiterate di molti abitanti, e vista la dettagliata Relazione del cittadino Francesco Fuschini, Chirurgo Condotto di questa Comune siamo venuti in sentimento di formare un Campo Santo e di valerci dell’orto della Rotonda già altre volte proposto e riconosciuto idoneo si per essere fuori della Comune che trovarsi in posizione vantaggiosa.
Ad effetto pertanto di effettuare un sì utile provvedimento un si utile provvedimento vi invitiamo a fornirci delle opportune e necessarie autorizzazioni. E siccome si crede aspediente di servirci della Chiesa della Rotonda per le solite Cerimonie di Culto che si praticano a Cadaveri, e tale Chiesa da d’uopo risarcimenti istantanei e seri, così v’avanziamo le più forti istanze, onde vi intromettiate colla Nazione perché si presti a divisati necessari ristauri.”

Nel medesimo giorno il delegato Conti rispose vergando sulla bella carta intestata della Repubblica Cisalpina.
Il 9 Ventoso dell’Anno IX Repubblicano scriveva: “Non posso non altamente commendare lo zelo che vi anima Cittadini Amministratori, per la salubrità e pulizia della vostra Comune. E’ veramente barbaro ed indecente il costume di infettare colle male esalazioni de’ morti i sensi e la salute dei viventi. Il luogo destinato a formare il Campo Sepolcrale è precisamente a proposito, come è a proposito il Tempio della Rotonda, opera insigne de’ tempi medi , che onora la vostra città e che da giusta provvidenza sentirà il vantaggio di un ristauro, che la tolga da una rovina, che sarebbe vergognosa al Governo. Ma siccome l’occupazione dei Fondi Nazionali non può accadere senza una superiore approvazione così vado ad incominciare la vostra istanza al Governo, il quale, tengo per fermo, si presterà a secondarla.”

Nel carteggio amministrativo si ritrova la questione della necessità di cimitero fuori dall’abitato.
Il 27 aprile 1812 Pietro Saporetti e Pier Desiderio Pasolini, Savi delegati, scrivono al Podestà per riassumere la situazione dopo aver parlato con il dottor Gaspare Martinetti e l’ingegnere comunale Giosafat Muti.
I Delegati ricordano che nel 1803 volendo allontanare il cimitero ad uso dell’ospedale che allora si trovava dentro le mura, ovvero nel’ex monastero di San Giovanni Evangelista, il Comune di Ravenna “determinò e eseguì la costruzione di un nuovo Cimiterio per la semplice uso di detto luogo pio alla distanza di due miglia circa della Città sul principio della Pigneta di San Vitale alla sinistra del canale Naviglio dove il giorno 5 di giugno del precitato anno 1803 s’intraprese la tumulazione dei Cadaveri dello spedale”.
Le valutazioni che seguono riguardano l’ipotesi di trasformare quel cimitero in un luogo di sepoltura per tutta la città e, in considerazione soprattutto delle cattive condizioni della strada che da Porta Serrata va al cimitero, costeggiando il Naviglio, si conclude di scartare il luogo.
Sono dunque necessari dei lavori.

Nel medesimo fascicolo si trovano due documenti, entrambi datati 1 giugno 1813, ed entrambi a firma Giosafat Muti.
L’ingegnere comunale compila un documento intitolato Sentimento del sottoscritto Ingegnere Comunale di Ravenna sulla formazione del pubblico Cimitero nel quale riassume le indicazioni ricevute per la costruzione di un nuovo cimitero. Dovendo trovarsi ad una buona distanza dall’abitato, e con una ventilazione che sia dominata dai venti del nord, Muti dichiarava che non trovava luogo più conveniente “quanto quello della Rotonda, la quale oltre alla comodità di una facile tumulazione, può altresì condurre ad un risparmio di spesa considerando che tutta la matteria che consumerà il muro di cinta e l’abitazione del Custode e camera per le sezioni, viene a ricavarsi dalla demolizione delle Fabbriche che si acquistane dal Comune e dal muro vecchio del cimitero dell’Ospitale e che non occorre l’erezione della Cappella, potendo servire lo stesso Mausoleo di Teoderico ristaurato poc’anzi e ridotto in una decente forma. L’antichità e la sorprendenza di un tale monumento commendata in tutte le Storie somministra l’idea di un cimitero che può il migliore del Dipartimento ripartendo però la spesa in più anni in quel modo che verrà riputato il più conveniente, e siccome dispersi per la Città e Chiese vi sono molti sarcofaghi, questi medesimi disposti che siano con ordine, possono servire di ornato al luogo e di deposito alle famiglie a cui spettano, collocandoli simetricamente nell’interno del quadrato del cimitero che ritengo bastante per la Città della superficie di una tornatura italiana, capace alla tumulazione di dieci anni consecutivi prima di tornare a capo a sotterrare li cadaveri dove sono stati seppelliti i primi”. A questa descrizione l’ingegnere Muti fa seguire una stima dei costi, dettagliando ogni voce fino ad arrivare alla somma di Lire 30306 e 81 centesimi.

Il secondo documento, sempre firmato da Giosafat Muti, si intitola Capitolato d’Appalto per l’erezione del muro di cinto del Cimiteroo Comunale di Ravenna da fare in adiacenza alla Rotonda.
Il capitolato è formato da trenta punti che dettagliano ogni operazione e che terminano con le indicazioni di come l’Asta per il lavoro, che noi ora chiameremmo la gara d’appalto, si aprirà con la cifra di lire 30306 e 81 centesimi.

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02 1801 28 febbr cimitero presso la Rotonda
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Carteggio amministrativo, Titolo XXV, 1818, protocollo generale n. 307, 745, 914, 1330, 1430, 1615, 1629.

Sulla costruzione di un nuovo cimitero con riferimento ai verbali del consiglio del 27 agosto 1817, 12 agosto 1818, 29 dicembre 1818.

Il 14 novembre 1818 il Gonfaloniere di Ravenna, quello che oggi chiameremmo il Sindaco, viene avvertito dal Cardinale Legato Malvasia di allertare “quelli che hanno parte alla tumulazione dei cadaveri affinché questa operazione si esegua con quella esattezza e con quelle regole prescritte dalla Sacra Consulta, dal dovere e dal buonsenso”. Malvasia era stato informato della pratica di interrare molti corpi nella stessa fossa “per comodo dei fossaiuoli” esponendo l’aria alle “cattive esalazioni” e permettendo ai cadaveri di “discoprirsi” ed essere “divorati ed insultati dalle bestie”.
Le azioni del gonfaloniere Arrigoni furono due: avvertire il Cappellano del cimitero di sorvegliare il lavoro dei fossaioli e chiedere all’ingegnere comunale Lodovico Nabruzzi, che aveva sostituito Giosafat Muti, di dar seguito al progetto per l’allargamento del cimitero per il quale Nabruzzi gli aveva già scritto in data 12 ottobre 1818 comunicandogli di avere appena terminato il progetto e il capitolato d’appalto per “l’ingrandimento del Campo Santo”.
I documenti che seguono sono firmati dal governatore e assessore civile Pietro Marini e dallo stesso Cardinale Legato (Dispaccio 5755 del 10 settembre 1818). Marini era venuto a sapere che all’urgenza di costruire uno stabile cimiterio si contrapponevano voci “che già da gran tempo eransi sparse nel popolo non volersi cioè in Ravenna cimiterio (la quale voglio credere falsa e calunniosa)”.
Nel Dispaccio 5755 il legato Malvasia invece citava una seduta consigliare del 12 agosto dello stesso anno nella quale si era votato contro ad entrambi i progetti di ampliamento dell’area cimiteriale già esistente e contemporaneamente non si era indicato nessun altro luogo di sepoltura.
Malvasia escludeva che si potesse realizzare un cimitero a “Classe fuori” per mancanza di spazio e per “la prossima probabile ripristinazione de’ religiosi”, ovvero il ritorno dei religiosi presso la basilica, e redarguiva il Consiglio comunale che sembrava “non voler obbedire agli ordini ripetuti dal Supremo Tribunale della Consulta e la sola Comune di Ravenna in tutto lo Stato Pontificio darebbe questo mostruoso esempio di erigersi in opposizione ad un ordine del Governo eseguito dappertutto e religiosamente e di buon grado.”
Il Cardinal Legato si dichiarava incredulo poiché “quella risoluzione consigliare sembra pur troppo accreditare le voci, sparse (certamente da qualche maligno) e che io finora ho sempre disprezzate colle quali vuol persuadersi il pubblico che la maggior parte di codesti Signori non vogliono realmente la costruzione di questo Stabilimento [il cimitero] e che si vantano di voler ottenere il loro intento. Una condotta così inconsiderata ha fatto decadere ha fatto decadere il Consiglio da qualunque diritto d’interloquire ulteriormente sull’oggetto”.
Esautorando il Consiglio comunale dalla decisione Malvasia approvava uno dei due progetti di ampliamento del cimitero sembrandogli “il più regolare e il più economico” ed esortando il gonfaloniere Arrigoni a risottoporlo ai membri del Consiglio comunale aiutandoli “a riparare allo scorso inconveniente prendendo una nuova deliberazione che passi e cancelli la passata e lo metta in regola agli occhi del Governo”.
I progetti a cui faceva riferimento il cardinale Malvasia sono quelli già redatti nell’agosto del precedente 1817.
I calcoli delle spese dettagliati per ogni progetto sembrano di mano di Lodovico Nabruzzi mentre la presentazione dell’intero progetto è firmata da Giosafat Muti il quale dichiara che “la cosa più necessaria ed interessante prima di venire alla formazione di un pubblico cimitero si è quella di scegliere una congrua ubicazione, distante dall’abitato al più possibile, uniforme ai regolamenti in corso, situata a vento favorevole onde evitare le esalazioni della putrescenza ed altronde comoda più che sia possibile per il trasporto dei cadaveri. Sebbene la posizione di Ravenna non presenti tutte questi favorevoli combinazioni per una tale località, per tutta volta uniformandomi alle più interessanti […] non ho omessa la più diligente indagine e mi si è dato di ripetere da quella che li luoghi li più adatti sono o S. Maria in Rotonda o nel Cimitero che di presente serve per li morti dell’ospedale, oppure a Classe fuori presso quella tanto celebre e commendata Basilica. Immaginate le suddescritte ubicazioni, ho praticati in ognuna di esse gli analoghi riflessi per dedurne una verosimile spesa, e trovo che in quanto al locale della Rotonda, sebbene non sia distante dall’estremo abitato della città dalla parte del Nord più di due terzi di miglio, pure essendo disposto ad un vento propizio, non influirebbero le esalazioni alcun danno agli abitanti. Considerando altresì che esistendo a lato di questo Monumento una fabbrica ad uso di casina, può la matteria di questa servire nella sua quantità per la costruzione del muro di cinto e per l’abitazione del Cappellano e del Custode.”
Muti richiamava il suo precedente progetto per un cimitero ubicato al mausoleo, datato 1813, e passava ad esaminare l’altro luogo preso in considerazione per la sepoltura dei ravennati ovvero il cimitero dove già si seppellivano le persone decedute durante il ricovero in ospedale “cioè nel principio della Pineta lungo il Canale Naviglio. L’ingegnere ricordava ai Consiglieri che “sebbene l’ubicazione sia distante dalla città da due miglia circa, ciò non ostante, opino non essere la più adatta per vari rapporti.”
Il luogo era esposto ai venti “siroccali” e malamente difeso da una “ben stretta lingua di Pineto alla destra del Naviglio” e quindi i lavori in muratura avrebbero spesso avuto bisogno di manutenzione. La distanza da Ravenna, la desolazione del luogo e la boscaglia non avrebbero offerto alle persone deputate alla custodia del cimitero un asilo sicuro e garanzie di buona salute.
Muti passava poi ad esaminare la terza ubicazione, ovvero la basilica di Sant’Apollinare in Classe che distava dalla città “tre miglia comuni”. La disposizione non era ritenuta “a vento favorevole”, ma data la distanza da Ravenna e sentiti alcuni medici si riteneva superabile questo inconveniente.
Le altre circostanze favorevoli erano la vicinanza alla basilica che poteva servire per i funerali e la presenza di alcuni fabbricati che potevano fingere di abitazione al custode e al cappellano. Il recinto del cimitero doveva però essere posto davanti alla chiesa in alcuni “terreni aratorii” perché le altre posizioni erano ad una quota troppo bassa e inadatta “ad una tumulazione lontana dall’umidità”.
La conclusione per Muti fu che data la piccola differenza fra i costi del cimitero nei pressi di Santa Maria alla Rotonda (lire 6910) e a Sant’Apollinare in Classe (lire 8492) si dovesse preferire quest’ultima ubicazione poiché “la mancanza di un Tempio come quello di Classe e la vastità dello spazio onde potere ad ogni volontà ingrandire le idee ed erigere un cimitero che grandeggiare potesse cogl’altri delle circonvicine città mostrando che una Capitale sede una volta de’ Monarchi ha saputo conservare il genio delle opere grandiose ed utili alla popolazione”.

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Fondo fotografico Corrado Ricci 0589
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