Archivio storico comunale Ravenna, Fondo di carte topografiche, Mappa 68, 1844, particolare

Da Giuseppe Gerola e Giuseppe Bovini ricaviamo in parte la storia della vasca di porfido che già Andrea Agnello, celebre storico ravennate del IX secolo, ci narra essere stata il manufatto di sepoltura di Teoderico, seppure già alla sua epoca senza le spoglie del re. Nel 1564 per deliberazione del Magistrato dei Savi la vasca fu portata in piazza Maggiore, ora piazza del Popolo, e addossata alla chiesa di San Sebastiano, ora meglio conosciuto come il Palazzo dell’orologio. Da quel luogo nel 1633 fu portato poi presso il Palazzo di Teoderico nell’odierna via di Roma. Nel 1897 la vasca fu portata presso il Museo nazionale che all’epoca si trovava al piano terra del complesso del monastero di Classe dentro le mura. In quell’occasione si rinsaldarono due grossi pezzi di porfido che si erano staccati e che per qualche tempo erano stati collocati nel palazzo della Provincia, per poi passare al Museo. Quando il Museo nazionale fu portato presso il monastero di San Vitale si decise di non traslocarvi anche la vasca che nel 1913 ritornò al piano superiore del mausoleo.

Il volume 33 della serie Contabilità dell’Archivio storico comunale ripropone in alcune sue pagine le vicende della vasca di porfido che accoglieva le spoglie del re dei Goti.

Alla carta 84 verso leggiamo che il 16 febbraio del 1633 si parla dei legni e altra materia “per la levata e la condotta del vaso di porfido grande da quella piazza al Palazzo vecchio di Teodorico già imperatore accanto alla chiesa e convento dei reverendissimi padri di Sant’Apollinare”.

Nella pagina seguente, siamo al 16 febbraio 1633, i membri della magistratura dei Sapientes ad Utilia chiedono che si paghi a “Francesco Santi muratore e Antonio Micoli e compagni marangoni per loro mercede e fattura d’haver condotto il vaso grande di porfido già sepoltura di Theoderico imperatore da quella piazza” nel Palazzo di detto imperatore.

Alla carta 86 verso i Sapientes ad Utilia chiedono che sia pagato il capitano Giustiniano Monaldini lire sette di bolognini per le pietre e la costruzione di una muraglia “dove è stato posto il grande vaso di porfido”

Il 10 aprile dello stesso anno – carta 89 verso – si citano le spese di lire quarantadue di bolognini per i lavori di ripristino della pavimentazione fatti fare in piazza del Popolo dopo lo spostamento del vaso di porfido.

1 - Contabilità vol 33 1633 febbraio 16
2 - Contabilità vol 33 1633 febbraio 26
3 - Contabilità vol 33 1633 aprile 10

Carteggio amministrativo, Titolo XXVII, Rubrica 9, 1813 luglio 3, Protocollo generale 1247, 1349

Le notizie sulla vasca di porfido che aveva raccolto le spoglie di Teoderico si rintracciano in questo documento del 1813. In quell’anno la vasca era già da tempo stata trasportata dalla piazza Maggiore, odierna piazza del Popolo, al cosiddetto Palazzo di Teodorico.
Il 9 giugno 1813 Antonio Salotti fa domanda alla Commissione d’ornato per poter eseguire alcune modifiche ad una porzione del “soppresso convento di S. Apollinare, e precisamente al cosiddetto Palazzo di Teodorico” del quale è divenuto proprietario.
Salotti desidera “ridurre la facciata del Fabbricato interno che rimarrà scoperto secondo il qui unito bozzetto”. Chiede anche che gli venga permesso di “eseguire alcuni piccoli lavori nella facciata del suddetto Palazzo i quali non leveranno certo l’ordine dell’Architettura trattandosi d’ingrandire un piccolo foro dalla Parte destra, eguagliandolo all’altro che attualmente esiste sopra la vasca di Porfido, come pure di porre una balconata di ferro antica sopra della Porta d’Ingresso ov’è la Nicchia. Per quest’ultima parte poi, siccome trattasi di un pubblico edifizio, che per a sua antichità merita di essere conservato senza farvi innovazioni, così interesso vivissimamente le SS.LL. a destinare quella Persona che loro crederanno, affinché venghi ad osservare se siano o no fattibili detti lavori che io di buon grado mi sottometterò alle loro determinazioni”.
Il 18 giugno 1813 i membri della Commissione d’Ornato composta da A Della Torre, Lodovico Nabruzzi, Giosafat Muti e D. Gherardini scrivono al gonfaloniere Carlo Arrigoni esprimendo parere favorevole ai lavori proposti e anche all’ingrandimento del foro sopra la vasca di porfido e riservandosi di effettuare un sopralluogo.
Il 1 luglio 1813 Muti, Della Torre e Nabruzzi scrivono ancora al Gonfaloniere perché Antonio Salotti avanza una nuova richiesta e cioè “di poter aprire una porticella nel muro che guarda la Strada di Porta Alberoni il quale mediante una Scala porvi alli Granari di già affittati, di poter ribassare una piccola Fenestra sopra il Portone del così detto Palazzo di Teoderico onde dar lume ad una sua servitù affatto senza lume”. Ancora una volta la Commissione d’Ornato esprime parere favorevole anche perché Antonio Salotti si obbliga “di riattare il muro vecchio che minaccia ruina”.
Arrigoni accoglie il parere della Commissione chiedendo però ai suoi membri di vigilare.

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Foto Fondo Fotografico Umberto Trapani

Le immagini del Fondo Fotografico di Corrado Ricci testimoniano la precedente collocazione del vaso di porfido, che si dice essere stata l’urna per il corpo del re goto.
Le foto si riferiscono a parate militari in via di Roma o Corso Giuseppe Garibaldi, precedente denominazione della strada, o a cartoline che venivano commercializzate come quelle delle edizioni di Carlo Brogi di Firenze.
Corrado Ricci, per i suoi studi sul cosidetto Palazzo di Teoderico, fece realizzare anche riproduzioni di incisioni o disegni come quello tratto da dal manoscritto di Marcello Oretti, conservato alla Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna (ora consultabile su http://badigit.comune.bologna.it/books/oretti/viaggi.htm) oppure la litografia di George Belton Moore con la facciata del palazzo tratta dal disegno di Domino Quaglio, conservata fra la grafica della Biblioteca Classense.

Tutte le foto del Fondo Fotografico di Corrado Ricci sono consultabili a partire dalla pagina https://www.classense.ra.it/cdc

9 Foto Ricci 2269
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10 Foto Ricci 2270
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11 Foto Ricci 2271
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